Urna Bios
Ricongiungersi con la natura è l’epilogo ineludibile del ciclo della vita. Ognuno di noi porta avanti il proprio percorso con la consapevolezza che un giorno dovrà volgere al termine. Lungo questo cammino abbiamo a disposizione un intero mondo, lo stesso che da milioni e milioni di anni gli uomini lasciano in eredità ad altri uomini.

C’è chi ogni giorno vive cercando di ridurre il proprio impatto sul pianeta, nella speranza di lasciare ai posteri maggiori possibilità di sopravvivenza. Il mondo in cui viviamo non ci appartiene, ma ci è affidato soltanto per un po’. È dunque nostro compito preservarlo per chi arriverà dopo di noi.

Ritornare alla natura non è sempre così semplice come sembra. Gli usi e le consuetudini riguardo alla morte e alla sepoltura prevedono oggi pratiche che passano per costruzioni imponenti e materiali ingombranti, difficilmente smaltibili nel tempo. Da alcuni anni, però, si stanno diffondendo in tutto il mondo iniziative ecologiche ed ecosostenibili che offrono, a chi ha scelto di vivere preservando l’ambiente, la possibilità di morire con altrettanto rispetto per la natura, ad impatto zero.

Cenere eravamo e cenere ritorneremo, ma dalla cenere può anche nascere qualcos’altro. Già dal 1997 si fa strada la proposta di Urna Bios, che ha ispirato nel tempo numerose iniziative simili. L’idea è quella di trasformare le proprie ceneri in un albero o in una pianta a scelta, grazie ad un’urna completamente realizzata in materiali biodegradabili e contenente una capsula con semi e un arbusto. Dopo la morte, l’urna viene piantata in un bosco o in qualsiasi altro luogo fertile, dove ceneri e semi si uniscono per germogliare in una nuova e rigogliosa vita.

Altrettanto poetica e originale è l’idea che qualche anno fa è partita da un’impresa inglese, la And Vinyly, e che si adatta in particolar modo a chi ama l’ambiente e la musica. La ditta offre ai propri clienti la possibilità di scegliere un audio a proprio piacimento (una registrazione o anche la propria canzone preferita) e, al momento della morte, destinare le proprie ceneri alla stampa di dischi in vinile da consegnare ai propri cari. Un’iniziativa quanto meno bizzarra, ma di certo amica del riciclo.

Affidare il proprio corpo alla natura significa entrare in contatto con Madre Terra e con il suo ciclo, che è alla base della vita. Da questo presupposto parte l’iniziativa di Susanne Wiigh-Mäsak, una donna svedese esperta di orticoltura biologica che nel 2001 presenta al mondo Promession. Si tratta di un vero e proprio metodo di smaltimento dei cadaveri che si basa sul compostaggio. Grazie a particolari macchinari e ad un processo a basse temperature, il corpo del defunto viene trasformato in polvere, da cui si può trarre un granulato perfettamente organico. Questo composto viene seppellito in una capsula biodegradabile e affidato alla natura, rispettando condizioni ottimali per ricreare ossigeno. In pochi mesi i resti del defunto si uniscono alla terra per la nascita di nuova vita, una possibilità che le tradizionali pratiche di sepoltura e di cremazione non rendono attuabile.

Il cimitero di Santa Coloma, in Spagna, alimentato attraverso dei pannelli solari.

A Santa Coloma, in Spagna, uno dei più famosi cimiteri ecologici, alimentato mediante pannelli solari.

Altre strade per legare il momento della morte alla cura dell’ambiente riguardano i luoghi delegati alla commemorazione dei propri cari. Un passo importante può essere compiuto in direzione della costruzione di cimiteri più attenti alle buone pratiche “green”. Dai cimiteri ecologici e boschivi, dove fiori e verde sostituiscono le lapidi, ai cimiteri ecosostenibili come quello Blackley, la struttura nei pressi di Manchester che fa uso di bare degradabili e mezzi funebri elettrici.

Anche l’Italia si sta adeguando in questo senso. Soprattutto nei piccoli centri abitati si sta sperimentando il passaggio verso i cimiteri ecosostenibili, dove impianti fotovoltaici, lumini al led e pannelli solari raccontano di una svolta che va oltre il mero risparmio energetico, e che arriva a plasmare il senso civico in prospettiva di una vita (e di una morte) più attenta e rispettosa dell’ambiente.

I passi da fare sono ancora tanti affinché l’idea di una sepoltura ad impatto zero possa insediarsi nelle consuetudini e negli schemi culturali di una società. Idee come quelle descritte, nonostante la loro unicità o la loro originalità, rappresentano realtà emergenti che favoriscono la riflessione, personale e collettiva, su una questione così importante e delicata.

Legare il proprio destino al bene della natura, anche dopo la morte, è una possibilità che va resa accessibile a chi decide di compiere questo tipo di scelta. Il ricordo è ciò che sopravvive alla materialità e al nostro essere terreni, così come i gesti attraverso cui lasciamo un segno a chi resta, qualcosa da cui partire per affrontare il futuro in modo migliore.

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Alberto Pinto