É da diversi anni attivo in Germania, e in particolare a Berlino, una fitta rete di scambio e recupero del cibo altrimenti destinato alla pattumiera: si chiama Foodsharing. Ci sono poi realtà più o meno organizzate e diffuse anche nel resto del mondo, ma quella della Germania è senz’altro al momento la più significativa.

Foodsharing

Anche a Torino da diversi mesi ci si è attivati in tal senso: tutto è nato da un lavoro di “spionaggio” dei cassonetti in quartiere Vanchiglia, rendendosi conto dell’immensa quantità di cibo buttato insieme ai rifiuti indifferenziabili.

Da quel momento la consapevolezza si è affiancata all’azione: si è iniziato ad andare dai piccoli esercenti e dai supermarket di quartiere, per capire le motivazioni di tale spreco. Con loro si è provato a capire come fare per allungare la vita dello scarto alimentare, facendolo ritornare alimento.

Un piccolo gruppetto di ragazzi, sempre in crescita, ha iniziato a organizzarsi nel quartiere, coinvolgendo sempre più esercenti, compresi quelli del mercato, fissandosi giorni e ore di ritiro del materiale, con il successivo eventuale reindirizzamento ad altre persone e la trasformazione in pietanze prelibate.

Si sono organizzati (e si continuano a organizzare) pranzi e cene a costo zero, attivando anche vicini di casa e parenti. Si sono raccolte idee, ricette e spunti per un utilizzo ottimale di tutto il “raccolto”: un vero e proprio “social network”, nel senso positivo e produttivo del termine.

Dal quartiere alla città il passo è stato breve: il gruppo si sta allargando, e coinvolge persone di qualsiasi età, provenienza e ceto sociale, sparse in quasi tutti i quartieri della città.

Foodsharing 3Molte delle persone coinvolte non si sono semplicemente rese disponibili al ritiro, smistamento e trasformazione del cibo, ma hanno anche offerto il loro stesso cibo: c’è chi si accorge di avere una fetta di formaggio in frigo da troppo tempo, o chi offre i frutti del proprio orto o giardino, a patto che qualcuno venga ad aiutare nel raccolto.

Da questa confluenza di diverse teste e cuori si è capito che ognuno di noi ha un diverso concetto di spreco, una differenza non soltanto quantitativa (c’è chi vede una grande differenza tra buttare una buccia di patata e buttare un’intero pacco di farina, o di pasta) ma anche e soprattutto qualitativa: sprecare il cibo vuole dire anche sprecare energia, risorse, acqua e… denaro.

Ma per il contadino è uno spreco di energia anche il ricaricare sul furgone la cassetta di mele mezze marce, per riportarla a casa e non poterla più vendere: con il Foodsharing, oltre a limitare il nostro impatto ambientale, si solleva il contadino di questo peso. Senza contare che anche il nostro portafoglio respira un po’ di più.

Per chi volesse unirsi, è attiva una pagina Facebook, nella quale ci si può confrontare, raccogliere esperienze, e capire come e dove si può agire.

logo quadrato con claim trasparenteVeronica Ottria per eHabitat.it